Igor Stravinsky - 3 pezzi per clarinetto solo

a cura di Marco Carioli

Il lavoro qui presente, redatto dal mio amico Marco Carioli, è stato presentato all'esame conclusivo del Biennio Superiore di Clarinetto presso il Conservatorio di Musica di Milano.

Ringrazio Marco per aver concesso alla pubblicazione del presente documento.

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Possiamo affermare con sicurezza che nel vasto repertorio per clarinetto, uno dei brani più significativi sia senza dubbio i Tre pezzi per clarinetto solo di Stravinskij.

Nato nel 1919, questo capolavoro è stato uno dei primi brani del novecento dedicati al clarinetto solista.

 L’opera del grande compositore russo ha dato il via ad una folta produzione musicale dedicata a questo strumento utilizzato da solo, basti pensare ai lavori successivi di Messiaen (Quatour pour la fin du temps) del 1941, di Sutermeister  (Capriccio for unaccompanied Clarinet) del 1946, di Bucchi (Concerto per clarinetto solo) del 1969, di Berio (Sequenza IX) del 1980, etc…

L’ampio utilizzo che Stravinskij fa del clarinetto nelle sue opere, ci permette di denotare la grande considerazione che aveva per questo strumento.

Le grande potenzialità espressive del clarinetto ben si prestavano alla variegata e colorita scrittura musicale del compositore russo. Moltissime sono infatti le importanti opere in cui esso compare, ad esempio: L’Historie du soldat, The rake’s progress, il Settimino, il concertino per 12 strumenti, l’epitaffio per clarinetto, flauto e arpa, l’Ebony concerto, le sinfonie per strumenti a fiato, le tre canzoni per William Shakespeare, l’Elegia per J.F.K., etc…

Molto importante anche la presenza dello strumento in ambito orchestrale, basti pensare alla presenza nella Sagra della primavera di un clarinetto piccolo in Mib, tre clarinetti soprani in Sib e due clarinetti bassi in SIb.

Vista l’importanza di quest’opera, ho ritenuto interessante mettere in luce le fonti dalle quali S. si ispirò per la stesura dell’opera, per poter meglio comprendere lo spirito con il quale approcciarsi all’esecuzione di queste pagine musicali, sicuramente non semplici, sopratutto per quei musicisti che si affacciano per la prima volta allo studio della musica del ‘900.

Infine, ho inserito una sezione dedicata allo studio dell’opera stessa, mettendo in luce le principali difficoltà che potrà incontrare il musicista di fronte alla pagina e proponendo alcune tecniche di studio che potranno agevolarlo verso un’esecuzione coerente ed efficace.

 

La prima e fondamentale considerazione da fare, riguarda l’indicazione che lo stesso Stravinskij riporta sul frontespizio dei Tre pezzi : “Tutti i simboli che indicano respiri, accenti e indicazioni metronomiche all’interno dei Tre pezzi devono essere rigorosamente rispettate”.

Ciò da una chiara idea di come Stravinskij, come molti compositore del tardo ottocento e sopratutto del primo novecento, ricerchi la massima precisione nel dare indicazioni all’esecutore, per far si che la propria idea, venga trasformata in suoni nel modo più fedele possibile, senza che l’interpretazione personale dell’esecutore snaturi l’idea originale del compositore.

Tutto ciò caratterizza profondamente l’approccio allo studio di quest’opera.

Il nome dato all’opera in esame, ben rappresenta un’importante caratteristica di questa composizione: La struttura in tre parti fortemente caratterizzate e ben distinte tra loro.

Il primo pezzo da eseguirsi ‘preferibilmente’, come lo stesso Stravinskij scrive, con il clarinetto in LA, è una pagina fortemente introspettiva e meditativa, l’indicazione iniziale ‘sempre p e molto tranquillo M.M  =52 ‘ rende subito l’idea dell’atmosfera di attesa che il compositore vuole creare.

Il metro non è mai stabile (2/4, 5/8, 7/8, 3/8,3/4, 6/8) e i valori utilizzati sono solo due, crome e semiminime, l’unico cambiamento di colore avviene nell’ultima battuta (poco più f e poco più mosso) che attraverso una corona (‘lunga’) porta al secondo pezzo.

Qui Stravinskij mantenendo l’uso del clarinetto in LA, cambia completamente sonorità, passando ad una pagina molto virtuosistica che molto spesso utilizza il registro acuto dello strumento.

Da notare la mancanza della suddivisone in battute e dell’indicazione del metro, scelta che può lasciare intuire il desiderio dell’autore di dare un carattere ‘improvvisativo’ al pezzo.

La parte centrale, fortemente in contrasto con la prima, vede impiegato il registro grave dello strumento in una sorta di dialogo tra due frasi che riportano poi il discorso su toni decisamente brillanti e accesi, riprendendo il materiale sonoro che era stato proposto nelle  prime battute.

Il terzo pezzo, da eseguirsi ‘preferibilmente’ con il clarinetto in Sib, vede il ritorno della suddivisione in battute, con un metro in continua evoluzione (2/4, 5/16, 3/16, 3/8, 2/8, 3/4, etc…), fortemente caratterizzato dall’aspetto ritmico e dall’uso dell’accento, questo pezzo riprende molte cellule ritmiche tipiche del  Rag-time ed insiste su di una sonorità quasi sempre forte e decisa.

 

 

LE FONTI

Stravinsky e il Jazz

 

I riferimenti sull’influenza del jazz su i Tre pezzi per clarinetto solo di S. appaiono ripetutamente negli scritti del repertorio del clarinetto. Dato che la relazione tra il Jazz e il lavoro di S. può essere difficile da percepire a livello uditivo, ci si può chiedere in che misura sia presente nei tre pezzi oppure, se altri elementi hanno ispirato la composizione.

I tre pezzi appartengono all’ultima metà del periodo russo, che durò dal 1910 al 1920 circa, periodo in cui  S. affermò la sua reputazione con i suoi tre grandi balletti Petrouskca, L’uccello di Fuoco e La Sagra della Primavera tutti lavori scritti prima della prima guerra mondiale. Le ristrettezze economiche imposte dalla guerra, forzarono S. a rinunciare temporaneamente alle grandi composizioni orchestrali in favore di piccoli ensamble strumentali come L’Historie du Soldat del 1918. I tre pezzi appartengono a questa parte delle produzioni di S.

I Tre pezzi vengono terminati nel 1919 anche se degli schizzi abbastanza completi esistono già dall’autunno del 1918. Furono composte come pegno di gratitudine per il clarinettista dilettante Werner Reinhardt, il benestante industriale svizzero che finanziò L’Histoire, per il quale trascrisse anche il trio. Fu il clarinettista Edmond Allegra ad eseguire la prima volta i Tre pezzi l’8 Novembre del 1919 a Losanna.

 

Nel periodo in cui compose i Tre pezzi, il Jazz ebbe  ampia influenza sulla produzione S.

Egli. disse che ‘ Il Jazz, nel senso lato del termine , ha esercitato un influenza altalenante sulla mia musica dal 1918’ e che ‘Il Jazz ha apportato un grosso cambiamento nella mia musica,  l’ Histoire segna la mia rottura finale con la scuola russa nella quale sono cresciuto…

S. spiegò anche che i suoi lavori ispirati dal jazz rientrano in due categorie, la prima, riguarda i pezzi ispirati dagli spartiti di stampo Jazzistico, come per esempio il Ragtime per 11 strumenti del 1918 e il movimento in tempo di Ragtime dell’ Histoire; la seconda riguarda i pezzi ispirati da performances improvvisate come ad esempio il brano Piano Rag-music del 1919 e i Tre pezzi (1919).

La maggior parte delle fonti che citano i Tre pezzi, non distinguono tra l’ispirazione ti tipo improvvisativo e quella invece tratta dagli spartiti, tendendo a inserirlo genericamente nei lavori di stampo jazzistico.

S. si fece influenzare inizialmente dagli spartiti jazz, infatti ebbe i primi contatti con questi nuove partiture quando il direttore Ernest Ansermet tornò da una tournee americana con una serie di riduzioni pianistiche e parti strumentali.

S. prese spunto da questi ritmi jazzistici sia per la realizzazione del movimento Rag dell’Historie, sia per il Ragtime per 11 strumenti.

S. descrive il tempo Rag dell’Historie come ‘ l’emblema di questo stile’, come  allo stesso modo, ‘i valzer di Chopin non sono ‘solo’ valzer ma l’emblema del valzer’.

(S. usa il termine ‘Portrait’ per proporre questo concetto, termine che difficilmente è traducibile in italiano in questa connotazione)

 

S. molto presto notò che la musica Jazz suonata dal vivo era profondamente diversa da quella riportata sulla carta. Il compositore disse che se i suoi successivi lavori di ispirazione jazzistica ebbero più successo grazie al fatto che facevano trasparire una maggiore consapevolezza della tecnica improvvisativa, infatti dal 1919 scoprì un maggiore interesse verso le esecuzioni dal vivo, riferendosi ai lavori senza metro per piano e per clarinetto solo, che non sono ovviamente vere improvvisazioni ma realizzazioni scritte di idee di chiaro stile improvvisativo.

Come molti artisti dei primi del 900’ S. fu un astrattista, il suo è un ‘Portrait’ astratto del jazz, così come lo è la sua rappresentazioni del materiale folkloristico russo in altre sue composizioni del primo periodo.

Per la comprensione di qualsiasi lavoro astratto e’ utile conoscere le caratteristiche del soggetto, pertanto, é importante conoscere quale corrente del Jazz ha influenzato S.

 

Un motivo per cui è difficile cogliere gli elementi tipicamente jazzistici nei lavori di S. è il fatto che il Jazz si è evoluto in diversi stili dalla sua nascita ad oggi. Normalmente il pubblico contemporaneo associa il Jazz a figure come Dave Brubeck e Bill Evans oppure a stili come il bepop e lo swing, in realtà il Jazz conosciuto da S. era il Ragtime.

Questo stile era bene rappresentato come la polifonia di new Orleans, in riferimento alle molteplici, indipendenti e simultanee linee eseguite dai membri del Big band. I ritmi di queste linee insistono spesso su rigidi schemi sincopati.

Ascoltare le registrazioni dei primi Ragtime da una chiara visione del tipo di jazz che S. ascoltava durante la realizzazione dei tre pezzi.

La prima incisione di una Jazz Band è datata 1917-1918 (THE ORIGINAL DIXIELAND JASS BAND) e può dare un ottimo esempio del ruolo del clarinetto (Larry Shields), che abbelliva con improvvisazioni solistiche le melodie principali che molto frequentemente avvenivano nel registro acuto dello strumento.

Le linee melodiche prevedono un ritmo sincopato e difficoltà tecniche notevoli, spesso impiegato in brevi frasi solistiche che portavano da una melodia all’altra, spesso inoltre dialogava con altri strumenti, rispondendo loro con improvvisazioni sincopate che talvolta vedeva anche l’utilizzo del glissando. In altri brani invece, raddoppiava parti d’accompagnamento mentre altri strumenti eseguivano gli assoli.

Nella realizzazione del secondo e terzo movimento dei Tre pezzi, S. sembra aver preso palesemente spunto dall’uso del clarinetto nel Ragtime di quel periodo.

Il secondo movimento vuole evocare un ‘astrazione’ dell’improvvisazione, mentre il terzo pezzo usa i classici ritmi del Ragtime. S. si è mostrato attratto dall’utilizzo dei registri estremi  e dalle difficoltà tecniche  già in opere precedenti.

Il secondo movimento mostra una tessitura particolarmente acuta, tratto tipico delle prime improvvisazioni Jazz (Example 1)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S. utilizza diverse tecniche per dare l’idea dell’improvvisazione sincopata del Ragtime: (Example 2) l’utilizzo di differenti cellule ritmiche (2a), l’utilizzo di note apparentemente casuali nel registro acuto (2b), l’uso di abbellimenti per creare un effetto di spostamento del metro (2c) e l’uso della pausa all’inizio della seconda riga (2d). Inoltre è presente una battuta che vede l’utilizzo di note sovracute, tipiche del Ragtime (Example 3).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sezione centrale, sebbene ancora senza metro è chiaramente meno ispirata al jazz, contraddistinta dal dialogo tra due incisi melodici, come avveniva nel primo movimento.

Il terzo movimento risulta essere  in contrasto con il secondo  per la presenza della suddivisione in misure, ciò ci può far dedurre che solo il secondo movimento è veramente ispirato dallo stile improvvisativo, in quanto S. stesso dice che nella sua visione, l’improvvisazione alla quale si è ispirato è quella priva di riferimenti metrici.

In questo movimento infatti S. si è lasciato ispirare dai brani  in stile di Ragtime che aveva potuto visionare sulla carta, sono infatti  proprio le cellule ritmiche sincopate l’elemento principale di questo movimento.

Qui di seguito si possono ritrovare i tipici ritmi del Ragtime contestualizzati da S. ad esempio si confrontino le sezioni tra parentesi degli esempi 5a, 5b e 5c con i ritmi dell’esempio 4°, e ancora l’esempio 5d con il ritmo 4g.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche il terzo pezzo utilizza abbellimenti, ritmi molto irregolari e metri misti per evocare il tipico ritmo sincopato del ragtime (Example 6). Un altro elemento tipico del Ragtime è l’utilizzo di cellule melodiche ripetitive come accompagnamento, utilizzate da Sstravinsky (Example7).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ più difficile affermare che il primo tempo e la sezione centrale del secondo movimento manifestino un influenza Jazz, in entrambi S. utilizza due voci distinte, contraddistinte da una forma regolare in forma responsoriale. Questo tratto, se è vero che era comune  in alcuni brani jazzistici del primo novecento, (Example8) non ci può dire con certezza che S. abbia attinto dal jazz anche da questo punto di vista, in quanto lo stile responsoriale non è prerogativa del jazz, bensì anche di molti altri stili e generi, come ad esempio la musica sacra.

S. stesso non ha mai esplicitato questa relazione, a differenza dell’uso del metro libero e dell’uso delle cellule ritmiche tipiche del Ragtime, che ha invece più volte menzionato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL CLARINETTISTA BLUES

 

Sulle origine del materiale da quale S. abbia preso spunto nella realizzazione del primo movimento ci sono diverse ipotesi. Alcune di esse riguardano degli eventi che possono aver influenzato S., altre collegano il primo movimento ad un duetto per fagotto mai pubblicato.

 

Una delle storie più interessanti sostiene la teoria dell’influenza Jazzistica anche peri il primo movimento.

La storia di un clarinettista blues, riportata da Joseph Allard studente di Edomond Allegra (il primo esecutore dei Tre pezzi ) e dal musicologo Nicholas Slominsky, risulta essere la tesi più affascinante.

Questa storia narra che S. sentì durante lA tournee europea di una jazz band, un assolo blues suonato da un clarinettista particolarmente malinconico. Una prima versione della storia dice che S. parafrasò il primo movimento attingendo dall’assolo, mentre un’altra versione afferma che S. trascrisse le stesse identiche note eseguite durante l’assolo (gli altri due movimenti conterrebbero degli estratti presi direttamente da altre parti del concerto) inclusa l’ultima misura.

Una versione più colorita della storia, secondo Slominnsky, narra che il clarinettista fosse particolarmente nostalgico dell’ambiente famigliare e della moglie, esternando il proprio stato d’animo suonando il proprio strumento senza usufruire del momento di pausa concesso alla band, Allard riporta anche il commento del clarinettista alla fine dell’assolo (“ Aw the hell with it!”).

Un’ipotesi vede nel grande Sidney Bechet della Southern Syncopoted Orchestra, il misterioso clarinettista dal quale S. si sarebbe ispirato, corroborata anche da Vera S. e Robert Craft, che riferiscono di una dichiarazione fatta da S. stesso al critico musicale Edwin Evans.

Tuttavia documenti di viaggio e altre testimonianze confutano questa ipotesi in quanto i primi schizzi dei tre pezzi risalgono ai mesi di Ottobre e Novembre del 1918, mentre Bechet non sarebbe arrivato in Europa prima del 1919. E’ inoltre impossibile che S. avesse ascoltato Bechet attraverso una registrazione in quanto non incise nulla sino al 1927.

A confutare l’ipotesi si aggiunge il problema della credibilità di Evans, lo stesso S. lo riteneva “ingenuo e poco intelligente”. Possiamo intuire che i due non fossero in ottimi rapporti.

Tuttavia l’influenza del clarinettista americano potrebbe essere presente nella revisione del pezzo che venne terminato nel 1919 e pubblicato da Chester nel 1920.

 

 

LE IDEE E LE IMMAGINI

 

Altre ipotesi sulle origini dei Tre pezzi, vogliono che il materiale sonoro utilizzato da S. sia frutto di sentimenti personali o scene immaginarie dello stesso compositore. S. dipinge il primo movimento come ‘una scena desolata ’ o ‘ una persona che sta contemplando un problema ’, mentre i lunghi arpeggi nel registro acuto  del secondo movimento, rappresentano ‘ la descrizione di uccelli ’ la parte centrale del secondo movimento rappresenterebbe ‘ un gatto che prepara un agguato agli uccellini…..tuttavia gli uccelli tranquilli volano via (all’indicazione sombrer le son)’.

Questa versione è corroborata in parte dal clarinettista Rosario Mazzeo, che riferisce di una conversazione con S. durante la quale il compositore descrive il primo movimento come una raccolta di suoni introspettivi e personali. Durante questa stessa conversazione S. avrebbe confermato l’influenza del Jazz nel suo lavoro.

 

 

"lIED OHNE NAME"

 

Un'unica teoria riguardante l’origine del primo movimento è associata alla cooperazione tre S. e Roberto Craft.

 Craft disse che il primo movimento è ‘apparentemente’ basato su dei motivi appartenenti ad un inedito duetto per fagotto ‘ Lied ohne Name’, canzone senza nome. (Example 9)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Craft mette in luce le battute che ritiene possano essere tratte dal duetto affermando che ‘Prima dell’Ottobre del 1918 questo pezzo divenne la fonte del primo dei Tre pezzi per clarinetto

(osservare le misure 2-3, 7-9, 15-16, 18 e 20-21- le quattro scale discendenti di crome.

I segni di agonica e le battute segnate da Craft suggeriscono due relazioni diverse.

Le battute ‘2-3 e 7-9’ costituiscono uno spunto, le battuta 15-16, 18 e 20,21- le quattro scale discendenti di crome- costituiscono l’altro spunto.

Osservando il primo movimento dei 3 pezzi conferma l’idea di due relazioni separate, da battuta 2-3 e 7-9, non contiene le quattro scale discendenti di crome che menziona Craft (Example 10).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Secondo l’opinione di alcuni, non è evidente il legame tra la ‘Lied Ohne Name’ e i 3 pezzi come sostiene Craft. Il tutto appare forzato e spesso non verificabile. Inoltre sembra che Craft abbia fornito dei riferimenti delle battute spesso imprecisi o scarni di esempi. Inoltre non ci sono prove documentate di scritti o interviste fatte a S. che parlino della relazione tra il duetto per fagotto e i Tre pezzi.

 In un attento confronto tra la Canzone senza nome e il primo movimento dei Tre pezzi, si possono rilevare delle discrepanze. Innanzitutto Craft sembra notare una relazione tra la scala di quattro crome discendenti delle misure 15-16, 18 e 20-21 del primo movimento dei Tre pezzi (vedi Ex 10.a) e battute 12-19 nella parte del secondo fagotto del “Lied ohne Name” (vedi Example 9).

Osservando attentamente, si può rilevare che il gruppo di quattro note discendenti della parte del fagotto è un ostinato costituito da una seconda minore e due seconde maggiori (Example 11).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ostinato è utilizzato nelle battute 15-16 dei Tre pezzi (sebbene interrotto dall’uso dell’abbellimento), ma non è utilizzato nelle battute 18, 20-21 che cambiano direzione e salgono anziché discendere regolarmente.

Craft dimentica di sottolineare che il pattern di note da lui preso in considerazione è presente nelle battute 14 e 17 e appare leggermente modificato nelle battute 19-20 (Example 12).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli esempi di ostinato proposti, sembra che Craft fosse stato disattento citando le misure 20-21 piuttosto che le misure 19-20 e forse ritenne superfluo citare le misure 14 e 17 che contengono gli stessi intervalli della 15.

 

Dal punto visto ritmico e melodico le battute 14-20 del primo movimento assomigliano leggermente all’ostinato del duetto per fagotto, tuttavia nel primo movimento dei Tre pezzi l’ostinato del clarinetto è interrotto da respiri, abbellimenti e interruzioni melodiche dando alla line a del clarinetto una caratteristica flessibile e non rigida.

Oltremodo gli ostinati del registro grave si ritrovano in molti pezzi di S., pertanto il basarsi solamente su queste relazioni appare inconsistente.

Craft suggerisce inoltre che le battute 2-3 e 7-9 sono derivate dal duetto. E ‘ molto difficile identificare ogni riferimento in questo caso. Togliendo l’ottava nelle misure 2-3 e non considerando il cambiamento di ottava delle misure 7-9 come melodie separate, è possibile trovare una similitudine motivica tra il duetto e il primo movimento dei Tre pezzi, dato che entrambi i frammenti contengono melodie costituite da seconde e terze, tuttavia miglia di pezzi sono costruiti utilizzando seconde e terze, quindi questa relazione sembra forzata.

Provando a suonare al pianoforte il duetto si potrà notare che non vi è un evidente relazione con il brano per clarinetto solo, è molto chiaro nel confronto tra l’ostinato di quattro suoni presente in entrambi i lavori: la versione del clarinetto è flessibile, spezzata da acciaccature, respiri e interruzioni melodiche, viene a mancare quindi la percezione dell’ostinato.

La relazione tra le battute 2-3 e 7-9 del primo movimento e la canzone senza nome appare difficilmente udibile.

S. non ha mai commentato personalmente l’influenza dello stile responsoriale del Jazz nel suo lavoro, egli descrisse il primo tempo come contemplativo e introspettivo.

Avendo analizzato le fonti nella stesura dei tre pezzi, è doveroso considerare se essi vengono prese in considerazione nell’esecuzione del brano.

 L’insistenza di S. nell’indicare perfettamente le modalità di esecuzioni ci fanno pensare che S. avrebbe segnalato sicuramente la necessità di inflessioni jazzistiche nell’esecuzioni.

Nei tre pezzi S. sosteneva che se l’esecutore avesse seguito meticolosamente le indicazioni da lui riportate, il risultato sarebbe stato il ‘Portrait’ del jazz che lui voleva dare.

Rosario Mazzeo riporta una conversazione in cui S. stesso diceva di non volere una performances jazz, proprio perché l’effetto desiderato si sarebbe ottenuto dalla scrupolosa adesione alla pagina musicale.

 

 

LO STUDIO

 

Andremo ora a denotare quali siano le tecniche di studio più efficaci per affrontare  questa composizione.

Il primo tempo, caratterizzato dal particolare clima di attesa e da un colore molto ‘interiore’  e ‘intimista’, necessita di una grande attenzione alla qualità e alla pulizia del suono, che deve restare omogeneo nel passaggio dalle note del registro grave a quelle ‘di gola’ ( sol5, sol#5, la5..).

Questo passaggio crea spesso anche problemi di intonazione, essendo le note ‘di gola’ spesso crescenti, soprattutto se suonate piano come richiesto dall’autore.

Una grande attenzione alla qualità del legato sarà fondamentale per un’esecuzione ottimale, essendo esso uno degli elementi che maggiormente contribuiscono a creare ‘tensione musicale’, elemento che bene si presta alla realizzazione dell’impronta musicale di questo primo tempo.

Tutti gli elementi sin ora menzionati sono accumunati dall’importanza di un emissione ottimale.

Come tutti i tempi lenti, sicuramente il clarinettista dovrà prestare molta attenzione alla qualità dell’insufflazione, per ottenere come risultato una colonna d’aria sempre ben sostenuta, grazie ad un soffio costante e veloce anche nelle sonorità più deboli (mp, p, pp). Ciò permetterà di limitare i problemi inerenti l’intonazione, il legato e la qualità del suono.

Ricordando l’indicazione iniziale di Stravinskij in cui l’esecutore dovrà attenersi scrupolosamente alla pagina musicale assumono un ruolo fondamentale tutti i segni di agogica e dinamica, come crescendo, diminuendo e soprattutto, i segni di respiro. Questi ultimi sebbene possano essere interpretati in diverso modo, dovranno contribuire alla creazione di micro pause all’interno del fraseggio musicale, facendo ben attenzione a non spezzare in continuazione la tensione musicale.

Infine porrei l’attenzione sull’ultima battuta, che grazie all’indicazione ‘poco più f  e poco più mosso’ mette l’ascoltatore nelle condizioni di intuire che qualcosa sta per cambiare, lasciandolo in un clima di attesa.

Il secondo pezzo, necessita di una solida base tecnica, vista la velocità di esecuzione di passaggi spesso impegnativi, nel registro acuto dello strumento, di cui sarà importante curare l’omogeneità con i registri inferiori e l’intonazione (vedi esempi 1b, 1c, 2a, 2b, 2c ,2d, 3).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo studio della prima e della terza parte richiederà un approccio moderato, affrontando i passaggi ad una velocità notevolmente inferiore a quella di esecuzione, per permettere una memorizzazione molto chiara e definita dei passaggi, soprattutto nel registro acuto.

Sarà inoltre molto utile studiare questi passaggi cambiando la disposizione ritmica dei suoni come nei seguenti esempi:

 

1)                      2)   

 

 3)                   4)

 

Cambiando il punto di appoggio, quindi la disposizione degli accenti rispetto alla frase originale, si permetterà un’assimilazione di tali passaggi in modo più solido.

Nonostante il metro libero, Stravinskij dà un indicazione chiara sui rapporti tra i valori dove =, di grande importanza quindi è il rispetto rigoroso dei rapporti tra i valori soprattutto nelle figure irregolari come gruppi di sette e nove note.

La parte centrale invece presenta meno difficoltà tecniche, qui l’attenzione va posta sul rispetto rigoroso delle dinamiche dove, le due frasi che Stravinskij presenta, sono caratterizzate oltre che per un cambio di registro (la prima utilizza le note più gravi dello strumento, la seconde le note medie), anche per un cambio di dinamica (da pp a mp), che sarà importante realizzare con attenzione per dare una maggior chiarezza a tutto il discorso musicale, fatto di proposta e risposta tra i due soggetti (vedi esempio).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il terzo pezzo come già detto in precedenza è fondato su una forte caratteristica ritmica.

Un ottimo esercizio preliminare può essere quello di cantare il pezzo, battendo le mani ogni volta che si incontra un accento. Sarà sicuramente più semplice successivamente realizzare con energia tali accenti che in parte saranno già stati assimilati.

Un buon metodo per farli risaltare maggiormente può essere quello di suonare un po’ più piano le note immediatamente successive all’accento (Stravinskij stesso suggerisce questo espediente in alcuni punti (misure 29-31, e 34-36 ad esempio).

Anche in questo caso è assolutamente auspicabile una prima parte dello studio a velocità ridotta, in modo da poter assimilare sin dall’inizio tutte le dinamiche e tutte le particolarità ritmiche inserite da Stravinskij.

Continui e imprevisti sono infatti i cambi metrici,che vedono la frequente alternanza di ritmi binari, ternari e irregolari.

La dinamica generale del pezzo è f, da notare quindi l’ indicazione sombrer (più piano) che Stravinskij riporta tre volte (misure 13, 37, 52 ), seguite sempre dall’indicazione di crescendo che riportano il discorso ad una sonorità ampia e decisa.

 

 

LE EDIZIONI

 

Di questo lavoro esistono due edizioni: la prima del 1920 edita da Boosey and Hawakes, Omega music e Chester music che  presenta alcune  differenze rispetto alla successiva del 1993 revisionata da Nicholas Hare ed edita da Chester music.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

- Stravinsky , Roman Vlad , Piccola biblioteca Einaudi

 

- Sources and inspirations for Stravinky’s three pieces for clarinet solo, by Crystal Heame Reinoso (pubblicato sulla rivista ‘The Clarinet’dei mesi di Maggio/Giugno e Luglio/Agosto del 1996)